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Cosa non è femminismo

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Goodwill

22 febbraio 2024

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Immaginate di essere nel bel mezzo di una conversazione durante la quale si lanciano proclami del tipo: “Sono femminista perché ho tre figlie femmine”, oppure “Ma certo che sono dalla parte delle donne: aiuto mia moglie con i lavori domestici”, o la versione più classica “Io non toccherei nemmeno con un fiore una donna”. Beh, avete quasi i brividi, vero? Vederlo scritto forse può sconvolgere più del sentire queste parole.

Care lettrici e cari lettori, abbiate pazienza se iniziamo in maniera così decisa, lo facciamo perché siamo convinte che non ci sia più spazio per fraintendimenti o ambiguità quando si tratta di femminismo. E in realtà, la lista di frasi, azioni, gesti, pensieri in stile pinkwhashing, è lunga. Quindi, concentrazione assoluta e preparatevi a leggere cosa non è femminismo.

Dichiarare di essere un campione del femminismo solo perché si è genitori di figlie femmine è come dire di essere un esperto di cucina italiana solo perché si è nati in Italia. Aiutare la moglie in casa? Vi sveliamo una verità banale: un uomo che si occupa di mantenere pulito il luogo dove vive o (addirittura!) ha cura dell’igiene dei suoi vestiti, realizzando la difficile operazione di avviare una lavatrice, ecco, un uomo che fa queste cose, dicevamo, non è un essere speciale, ma un essere umano funzionale. E pensiamo a quei papà supereroi (mica spiccioli) che fanno da babysitter alla propria prole. B-A-B-Y-S-I-T-T-E-R, avete letto bene. Come a dire: oggi curo figlie e figli di qualcun altro, non i miei! E che dire dei mammo? Queste creature mitologiche metà uomo metà mamma, perché chiamarli per quello che sono, papà, risulta quasi riduttivo e sminuente.

Siamo d’accordo solo su una cosa: il non essere d’accordo.

Non chiamiamolo femminismo come se fosse l’equivalente di scalare l’Everest in solitaria. Non è femminismo, è solo arroganza mascherata da machismo rintronato.

Tra malintesi e sciocchezze perbeniste

Prima di tutto, facciamo un po’ di chiarezza. Il femminismo non è un complotto per eliminare gli uomini dalla faccia della Terra. Davvero, nessuna di noi femministe ha un piano segreto per la loro estinzione, come avvenuto per i dinosauri. Sarebbe bello (no, non se si estinguessero!) se potessimo risolvere le questioni di genere con un semplice dritto al punto, ma non funziona così. Allo stesso modo, nessuna femminista si sognerebbe di organizzare una pizza solo donne, perché il femminismo non è una faccenda di sole donne.

Sfatare i miti riguardo al femminismo è un compito essenziale nel percorso verso una comprensione maggiormente accurata di cosa sia davvero. Una delle sciocchezze più diffuse è che il femminismo miri a dominare gli uomini o a privarli dei loro diritti. In realtà, il femminismo promuove l’uguaglianza di genere, di cui, pensate un po’, potrebbero beneficiare sia le donne che gli uomini. Quale eresia!

Eppure uguaglianza è una parola facile da comprendere per chiunque. Impariamo cosa significa il simbolo dell’uguale in tenera età, con i primi approcci alla matematica, ma siamo abbastanza certe che sia un termine che apprendiamo già molto prima, quando prendiamo le misure del mondo attorno a noi e scopriamo quando una cosa è uguale a un’altra e quando non lo è. Però, si sa, con l’adultità la nostra memoria perde colpi, perciò ripetiamo insieme: uguaglianza tra donne e uomini non significa prendere qualcosa agli uomini, ma eliminare le disparità di potere e di opportunità che limitano sia le donne che gli uomini.

Il femminismo non è un privilegio

Altro grande malinteso è che il femminismo ignori le problematiche degli uomini. Al contrario, riconosce le sfide affrontate da un uomo a causa delle ataviche e rigide norme di genere, come la pressione a conformarsi a stereotipi maschili dannosi o le difficoltà nell’esprimere emozioni. Siamo consapevoli che a volte, agli uomini e al mondo in generale, arrivi rabbia. Ma è collera che risiede nell’istinto di proteggersi, è contro quello che manca per (soprav)vivere nell’ambiente in cui ci si trova, è una risposta alle quotidiane ingiustizie subite e alla violazione dei propri diritti. Questo dice la nostra rabbia.
E ci rendiamo anche conto che l’uguaglianza di genere possa implicare una rinuncia da parte degli uomini a tutto quello che fino a oggi hanno considerato diritti quasi esclusivi. Pensiamo ai ruoli manageriali e a quanti uomini, a onor del vero, immaginerebbero  di dover competere con una donna per ottenere una promozione. Crediamo che le conseguenze di questa sottile cessione di privilegi, valga il cuore oltre l’ostacolo. Perché femminismo non è privilegio, tanto delle donne quanto degli uomini.

Non basta essere donna per essere femminista

Senza esitazione alcuna. ​​Tra le ragioni di una risposta così decisa assumiamo una parola con dentro un mondo: micromachismi.
Ah, quelle piccole cose che sembrano così innocenti, ma che trasudano di privilegio maschile. E, forse rischiando di semplificare, proviamo a elencarne qualcuna: l’uomo che assume il ruolo di capotavola, l’uomo che monopolizza quasi sempre la guida, e poi la donna, poverina, etichettata come acida solo perché non ha ancora trovato l’anima gemella, o viceversa, condannata al celibato perché non sorride abbastanza. E il lato peggiore di tutto questo – sì, c’è anche un peggio! – è che spesso le donne, (in)consapevolmente, hanno fatto proprio questo modo di agire. E per questo sono immerse in una cultura che alimenta una presunta supremazia maschile. Così, non basta essere donna per essere femminista se non si ha piena coscienza dei retaggi mediev… ops! Volevamo dire culturali, e che abbiamo assorbito senza volerlo.

Forse è il momento di guardare oltre i cliché e di riconoscere che il posto alla tavola dei negoziati non è solo maschile, senza etichette preconfezionate. È ora di riconoscere che il femminismo non è solo una questione di donne, ma riguarda l’intera umanità, perché la vera uguaglianza non lascia nessuno indietro, neanche gli uomini che si aggrappano al loro potere micro.
Il femminismo non è un marmo monolitico: ci sono molte correnti e sfumature all’interno del femminismo stesso, ognuna con obiettivi e approcci diversi. Smembrare e ridurre in cenere ogni tipo di fraintendimento è cruciale per costruire un dialogo costruttivo e avanzare verso una società più equa.

La sostenibile leggerezza del non dover spiegare

Forse il femminismo avrà vinto tutte le sue battaglie quando la parola stessa non avrà più ragione d’esistere perché non servirà dare un nome alla richiesta di diritti uguali per chiunque, semplicemente ci saranno. Non servirà una parola per specificare che siamo dalla parte delle donne quanto da quella degli uomini. Sarà superfluo chiarire che il rosa non è un colore da donne e nessuno mai oserà ancora ripetere meccanicamente frasi frutto di retaggi culturali come dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna.

E quanto sarebbe bello se nel bel mezzo di quella conversazione di cui sopra, non ci fosse necessità di spiegare come si sente una donna che cammina da sola in una strada poco affollata, magari di sera. Il sentirsi capite da un numero maggiore di uomini, per quanto difficilissimo sia, ce ne rendiamo conto, potrebbe assottigliare la fatica di dover spiegare. Dire: Io che colpa ne ho se un altro uomo ha ucciso una donna, io non lo farei mai, è come fare spallucce in stile ponzio pilato. Femminismo dunque non è sentirsi in pace con la coscienza se si è divisi i compiti a casa o non si toccherebbe una donna nemmeno con un fiore. Il femminismo non riguarda solo azioni plateali, come un coinvolgimento attivo in proteste, marce o attività di sensibilizzazione, ma anche le piccole scelte quotidiane e le mentalità. E questo, sarebbe bello non doverlo spiegare.

E per voi, cosa non è femminismo?

 

 

Tags: donne, femminismo, FORMAZIONE

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